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Ci sono luoghi che, più di altri nel mondo, sembrano destinati a rigenerarsi. Non per moda o per necessità, ma per una sorta di predisposizione e coerenza interna, come se ogni elemento spingesse in una direzione precisa. Bric della Vigna, la tenuta agricola di Fattorie Dettori, è uno di questi luoghi.
Nata dalla riconversione delle più segrete e importanti polveriere militari del Nord Italia durante il periodo bellico, immersa tra le colline del Canavese e affacciata sul lago di Viverone, questa oasi agricola si è mossa in controtendenza: ha preferito scommettere sulla qualità, offrendo una cura all’automatismo, mettendo al primo posto l’estetica e funzionalità agricola all’unico semplice ritorno economico. Ed è dopo quasi vent’anni di lavoro sul campo che il passaggio all’agricoltura rigenerativa è apparso non come rottura, bensì come una continuità intrinseca. Un ritorno alla terra che non sostiene, ma rigenera. E non solo la terra, ma le relazioni di tutto il mondo vivente. Dove tutto nutre, ascolta e restituisce.
Chi oggi cammina nella vallata dove vi pascolano le vacche Fassona a fiocco rosa, o tra le ordinate file delle viti PIWI (varietà resistenti alle malattie), percepisce chiaramente che Bric della Vigna non è una semplice azienda agricola, ma un ecosistema complesso e dinamico. Tutto concorre a restituire un’idea di agricoltura che non consuma, ma ricompone. Che non estrae, ma restituisce valore sottratto. L’agricoltura rigenerativa, in questo contesto, dunque non si riduce a un mero gruppo di tecniche agricole alternative. È piuttosto una postura mentale e culturale, un orientamento che ribalta il paradigma moderno: non più di domare la natura per ottenerne frutti, ma collaborare con essa, rigenerando insieme i suoli, le biodiversità, i paesaggi e le comunità.
In questo senso, il percorso di Bric della Vigna è una scelta politica etica, un atto imprenditoriale serio.
Del resto molti segnali della proprietà lo dimostrano chiaramente: i 60 ettari della tenuta, tra boschi, prati e campi coltivati, sono gestiti con un’attenzione dedita all’equilibrio tra fertilità naturale e benessere animale. Il fieno è interamente prodotto in azienda; l’alimentazione degli animali è a km zero; il latte è lavorato in loco; e la selezione delle razze in loco ha seguito criteri di sostenibilità genetica e non industriale. Non si tratta quindi solo di produrre e generare “buoni prodotti”, ma di creare buoni processi, duraturi e resilienti alla decadenza data dal tempo.
Avvicinarsi quindi ai principi dell’agricoltura rigenerativa, per Bric della Vigna, significa percorrere una strada che seppur invisibile è già tracciata, che è tanto agricola quanto culturale. Significa farsi quelle domande che gli altri danno per scontate:
Come possiamo nutrire il paesaggio, oltre che nutrircene?
Come possiamo trasformare un agri-resort anche in un laboratorio vivente di conoscenze e pratiche condivise?
Come accogliere il pubblico turisti, studenti, famiglie (non solo come consumatori) e renderla parte attiva di un sistema rigenerativo?
L’intenzione pertanto non è quella di dare risposte immediate, ma di iniziare un cammino: sperimentale, aperto, ma soprattutto umano.
In questo senso, questo articolo, quello che tu caro lettore stai leggendo, è solo il primo passo. Seguiranno approfondimenti dedicati ai singoli ambiti: biologia del suolo, pascolamento olistico, viticoltura rigenerativa, ecologia ed economia del territorio, biodiversità e tanto altro. Questo perché la rigenerazione, non è mai un gesto singolo, ma una costellazione di scelte coscientemente direzionate.
E come ogni costellazione, può diventare una mappa per orientarsi nel presente. O forse, un modo per immaginare un futuro più fertile.
Ottima presentazione., complimenti. Ottimo anche il nuovo approccio all’agricoltura, un sistema ben integrato che tiene in grande considerazione anche la salute del suolo. Bravi e buon lavoro !!